giovedì 7 giugno 2007

Gabriele Muccino. Swot analysis di un sogno americano. (vi assicuro, l'unico post serio di questo blog)


Per Swot Analysis s’intende un’analisi di fattibilità di un progetto, che valuti punti di forza, debolezza, opportunità, e minacce di un progetto. La parola Swot sarebbe appunto l’acronimo inglese di strenght, weakness, opportunities e threats .

Le Swot Analysis riguardano anche i progetti cinematografici e sarebbe interessante immaginare quella de “La ricerca della felicità”, il sogno americano di Muccino.

La major in questione, la Columbia Pictures, si è trovata a dover decidere se scegliere un regista italiano con un livello d’inglese assai discutibile, che doveva realizzare un film in un contesto e su una realtà che ben poco conosceva (weaknesses). Elementi di debolezza su cui Muccino ha spesso insistito nelle recenti interviste, così da enfatizzare la sua favola a lieto fine…

Ciò che il caro Muccino, con il suo sguardo intellettuale e la tenera balbuzie, non potrà mai confessare, è che le opportunità previste per la Major superavano di gran lunga le romanzate debolezze del progetto (e il conseguente coraggio e rischio dell’impresa).

Tutto il sistema cinematografico americano e il suo target infatti, sono incentrati sulle star e non sui registi, spesso semplici operai completamente soggetti alle volontà e decisioni dei produttori. Ecco perché pochi directors americani in questi anni si sono costruiti una firma ed una fama internazionale. In Italia come nel resto d’Europa succede esattamente l’opposto. I registi sono le vere firme, il brand cui l’audience pone fiducia e ammirazione oppure no. E probabilmente Muccino era già un brand, esotico per giunta, anche negli Stati Uniti dove il cinema italiano (Fellini, Benigni) ed europeo è sinonimo di qualità e autorialità. L’abbinamento Muccino (cinema d’autore italiano, forse di nicchia agli occhi americani) Will Smith (grandissimo pubblico internazionale che recita con il suo bimbo addirittura) erano un’accoppiata particolarmente appetibile, capace di raggiungere più target. Altro punto di forza la storia originale di questo simil-guru afroamericano che predica l’american dream, il perseguimento della felicità, il dovere di sognare. Infine, per farla breve, aggiungiamo i grandi numeri che Muccino aveva raggiunto persino in Italia, mercato dove il bel cinema (soprattutto italiano) langue pateticamente e si regge sullo Stato. Le major americane avranno capito ora che non basta assolutamente affidare ruoli marginali, spesso caricaturali, ad attori europei per avere successo nei rispettivi mercati. Il nostro Stefano Accorsi, intervistato poco tempo fa sulle richieste che gli arrivavano da Hollywood, citava la più recente ed emblematica: un “siciliano con mandolino”.

Il vero ingrediente di successo sono i registi d’oltreoceano, veri catalizzatori della troppo variegata audience europea. Dunque l’opportunità di conquistare nuovi mercati, lasciando completamente intatto se non esteso il mercato nazionale, tanto negli Stati Uniti i punti di forza e l’appetibilità di un progetto cinematografico sono quasi sempre altri….

Non mi meraviglio dunque se la grande America farà la fortuna dei nostri “piccoli” registi, gli unici cervelli non ancora in fuga, perché “La ricerca della felicità” più che il sogno americano di Muccino, è un calcolatissimo sogno italiano... della Columbia Pictures.